Der Antichrist Friedrich Wilhelm Nietzsche (1888) | |||
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L'Anticristo. Maledizione del Cristianesimo | Der Antichrist. Fluch auf das Christenthum | ||
PREFAZIONE | Vorwort | ||
Questo libro si conviene ai pochissimi [1] . Forse di questi non ne vive ancora neppure uno. Potrebbero essere quelli che comprendono il mio Zarathustra: come potrei confondermi con coloro per i quali già oggi vanno crescendo orecchi? – A me si confà unicamente il giorno seguente al domani. C’è chi è nato postumo. Le condizioni alle quali mi si comprende – e mi si comprende, allora, per necessità – le conosco fin troppo bene. Nelle cose dello spirito si deve essere onesti fino alla durezza, per poter anche soltanto sopportare la mia serietà, la mia passione. Si deve essere addestrati a vivere sui monti – a vedere sotto di sé il miserabile ciarlare di politica ed egoismo-dei-popoli, proprio del nostro tempo. Si deve essere diventati indifferenti, non si deve mai domandare se la verità sia utile, se essa diventi per qualcuno una fatalità... Una predilezione della forza per quei problemi per cui oggi nessuno ha il coraggio; il coraggio del proibito; la predestinazione al labirinto. Un’esperienza di sette solitudini. Nuove orecchie per nuova musica. Nuovi occhi per il più lontano. E una nuova coscienza per verità restate fino a oggi mute. E la volontà dell’economia in grande stile; mantenere compatta la propria forza, la propria esaltazione... Rispetto di sé; amore di sé; libertà assoluta verso di sé... Suvvia! Questi soltanto sono i miei lettori, i miei giusti lettori, i miei predestinati lettori: che mi importa del resto? – Il resto è semplicemente l’umanità. – Si deve essere superiori all’umanità per forza, per altezza d’animo – per disprezzo... [1] Nietzsche ha scritto la sua prefazione all’Anticristo sulla base del vecchio paragrafo 3 della primitiva prefazione a GD (quella che poi divenne il capitolo «Quel che i Tedeschi non hanno»). | Dies Buch gehört den wenigsten. Vielleicht lebt selbst noch keiner von ihnen. Es mögen die sein, welche meinen Zarathustra verstehn: wie dürfte ich mich mit denen verwechseln, für welche heute schon Ohren wachsen? – Erst das Übermorgen gehört mir. Einige werden posthum geboren. Die Bedingungen, unter denen man mich versteht und dann mit Notwendigkeit versteht – ich kenne sie nur zu genau. Man muß rechtschaffen sein in geistigen Dingen bis zur Härte, um auch nur meinen Ernst, meine Leidenschaft auszuhalten. Man muß geübt sein, auf Bergen zu leben – das erbärmliche Zeitgeschwätz von Politik und Völker-Selbstsucht unter sich zu sehn. Man muß gleichgültig geworden sein, man muß nie fragen, ob die Wahrheit nützt, ob sie einem Verhängnis wird... Eine Vorliebe der Stärke für Fragen, zu denen niemand heute den Mut hat; der Mut zum Verbotenen; die Vorherbestimmung zum Labyrinth. Eine Erfahrung aus sieben Einsamkeiten. Neue Ohren für neue Musik. Neue Augen für das Fernste. Ein neues Gewissen für bisher stumm gebliebene Wahrheiten. Und der Wille zur Ökonomie großen Stils: seine Kraft, seine Begeisterung beisammenbehalten... Die Ehrfurcht vor sich; die Liebe zu sich; die unbedingte Freiheit gegen sich... Wohlan! Das allein sind meine Leser, meine rechten Leser, meine vorherbestimmten Leser: was liegt am Rest? – Der Rest ist bloß die Menschheit. – Man muß der Menschheit überlegen sein durch Kraft, durch Höhe der Seele – durch Verachtung... | ||
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